Riflessioni sul 2 Aprile

In vista del prossimo 2 Aprile, il Prof. Luigi Mazzone condivide una riflessione.

Pubblicato su “La Repubblica”

“Se fosse facile avremmo già trovato la soluzione”. Fu un’affermazione di un illustre collega americano mentre discerneva insieme a me l’interpretazione di alcuni dati di ricerca su un progetto scientifico inerente l’autismo. A distanza di anni, circa 12, questa frase in originale: “If it were easy, we would have already found the solution”, mi ritorna in mente proprio in procinto della giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo istituita nel 2007 dall’assembla generale delle nazioni unite.

Una frase che racchiude la complessità del disturbo la cui considerazione di semplice problematica neuropsichiatrica è concettualmente superata da numerose evidenze scientifiche che l’affrontano a 360° gradi e sotto diversi punti di vista. È quindi sicuramente limitante indagare semplicemente lo sviluppo cerebrale senza considerare tutta una serie di alterazioni multisistemiche che a cascata possono giocare un ruolo sul neurosviluppo e, se approfondite, spiegare alcune traiettore evolutive.

Quando scriviamo di disturbo dello spettro autistico parliamo di una condizione di sviluppo neurologico permanente, diagnosticata in 1 su 54 secondo il Center Disease Control degli USA.

I meccanismi che coinvolgono il genoma, i fattori ambientali e i cambiamenti epigenetici che si verificano durante lo sviluppo embrio-fetale spiegano la complessità biologica e il coinvolgimento sistemico non limitato al cervello. Tra i nuovi approcci, oltre a numerose prove scientifiche che ovviamente hanno rivelato come il ruolo dell’interazione genoma-ambiente sia cruciale nella comprensione della patogenesi di molti disturbi neuropsichiatrici, tra cui l’autismo, c’è anche quello delle scienze-omiche, che ha oggettivamente cambiato la visione di molte discipline mediche e che deve la sua evoluzione all’incredibile avanzamento avvenuto nel settore della biologia molecolare.

Ad esempio, sono ormai numerosi gli studi scientifici pubblicati negli ultimi anni che analizzano il ruolo del cosidetto “gut-brain axis” ovvero l’asse intestino-cervello che consiste in una comunicazione bidirezionale tra il sistema nervoso centrale e quello enterico, e che collega i centri emotivi e cognitivi del cervello con le funzioni intestinali periferiche. Questa interazione tra microbiota e asse intestino-cervello sembra essere appunto bidirezionale, vale a dire attraverso la segnalazione dal microbiota intestinale al cervello e dal cervello al microbiota intestinale mediante collegamenti neurali, endocrini, immunitari e umorali. Tutto questo ha un razionale anche dal punto di visto clinico, basti pensare al fatto che molte persone autistiche possono presentare numerose alterazioni gastrointestinali e del microbiota (disbiosi).

Le manifestazioni sintomatologiche dell’autismo sono molto eterogenee, per tale motivo parliamo di disturbo dello spettro autistico che esemplifica diversi livelli di gravità che si configurano in forme lievi e sfumate fino ad arrivare a forme con grave compromissione sociale associata a disabilità intellettiva.

L’autismo è un disturbo permanente, tuttavia, una presa in carico precoce e un indirizzo terapeutico scientificamente appropriati riescono ad implementare in modo significativo abilità sociali e autonomie personali. Nonostante circa il 50-60% delle persone autistiche da adulte non sarà in grado di vivere una vita autosufficiente, un’altra parte (purtroppo minore) sarà altresì in grado di avere un inserimento sociale e anche lavorativo, in particolare se supportata e indirizzata fin dall’adolescenza.

Tutta questa laboriosa premessa per lanciare due messaggi: l’importanza di una ricerca scientifica di qualità per una condizione così complessa e la necessità di un supporto sociale adeguato per pazienti diversi con bisogni diversi. Scientificità e supporto sociale.

Ad oggi in Italia purtroppo entrambi sono carenti. In un periodo in cui biologia molecolare, nanotecnologia e medicina personalizzata sono l’avanguardia della medicina assistiamo a un’anteprima per il 2 aprile di un evento in senato in cui si parlerà tra le altre cose di ippoterapia e onoterapia come approcci all’autismo, e in cui si prospettano percorsi di miglioramento tali da poter uscire fuori dall’autismo stesso. Con tutto il rispetto per queste utili attività sociali di supporto siamo ben lontani dal considerare l’evento del 2 Aprile nella solenne cornice del Senato della repubblica come un evento che sia punto di riferimento per famiglie e operatori.

Accanto a questo non esiste inoltre un piano governativo serio e supportivo per le famiglie e le uniche buone prassi ottenute ultimamente sono frutto più della pressione di singoli genitori o di private associazioni famiglie piuttosto che di una visione globale del problema a livello centrale. Mi riferisco al piano vaccini anti Covid, nato esclusivamente sotto spinta mediatica, successivamente accolto da qualche politico illuminato, e infine avviato presso il Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma come aprifila qualche settimana addietro e successivamente in altre parti d’Italia.

Supporto sociale che già mancava e che si è acuito durante la pandemia. Sono innumerevoli infatti le famiglie accolte nei nostri ambulatori durante l’ultimo anno in preda al panico a causa di una difficoltosa gestione casalinga di ragazzi che avrebbero dovuto avere ben altra attenzione e con terapie in presenza purtroppo sospese dai centri di riabilitazione come conseguenza dei decreti ministeriali. A proposito di terapie, come non far cenno all’incredibile business attorno all’autismo e alle loro famiglie. Tralasciando i cialtroni che propongono le più svariate attività e approcci stravaganti, le terapie comportamentali sono praticamente quasi sempre a pagamento.

Sempre a proposito di terapie, nel 2016 è stato istituito dal Ministero della Salute un “Fondo per la cura delle persone con autismo” e all’Istituto Superiore di Sanità è stato assegnato il ruolo di aggiornamento le prime Linee Guida, pubblicate nel 2011 per l’intervento in bambini e adolescenti, estendendole all’età adulta e coprendo anche la diagnosi. Quello che sembra peculiare è che il lavoro iniziato nel 2018, dopo tre lunghi anni ha portato come sua prima e, al momento unica raccomandazione, quella che riguarda l’utilizzo di psicofarmaci per la popolazione autistica. Psicofarmaci, indicati nella linea guida, che ad oggi, è clinicamente risaputo, hanno un ruolo quasi esclusivamente sui comportamenti problema associati e non sui sintomi “core” dell’autismo.

Ritengo che dopo aver atteso tanti anni (ultime linee guida del 2011) l’aver pubblicato come prima raccomandazione proprio il trattamento psicofarmacologico piuttosto che interventi comportamentali, psicosociali e sistemici potrebbe portare a quella che in americano sarebbe una “clinical misinterpretations” con il rischio di un aumento di prescrizione farmacologica in questa popolazione fragile.

Detto questo, il 2 Aprile si accenderanno le luci blu e assisteremo a proclami, come ormai accade da diversi anni. In tutto questo ginepraio le famiglie e i loro problemi. Bambini che diventano adolescenti e successivamente adulti. A proposito, di autismo in età adulta se ne parla poco e male, e anche in questo caso non esistono servizi dedicati. Famiglie con la paura dell’invecchiamento e di un “dopo di noi” che viene esorcizzato da un presente iperattivo che si spera in qualche modo possa essere eterno.

Link all’articolo: https://roma.repubblica.it/cronaca/2021/03/29/news/ricerca_e_supporto_sociale_le_strade_per_affrontare_l_autismo-294292771/?fbclid=IwAR3l7Ply_tuUVOMU1T6qKM3DZg9KxcuR0K5BlR2mEn-fNpndvq_POsALVRY

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